Da molti anni si parla dell’emancipazione della donna, ma, nonostante vari tentativi questo argomento rimane sempre di attualità, in quanto nella sfera privata delle donne, quella più intima e quotidiana, si trova spessissimo all’interno del dominio maschile.
Certamente sono molte le conquiste ottenute dalle donne negli scorsi decenni che sono servite per ottenere, almeno in Occidente, pari diritti, ma rimangono aspetti come la sessualità e famiglia che restano esclusivamente ad appannaggio degli uomini, campi in cui la liberazione femminile è ancora lontana.
Nel corso dei secoli l’emancipazione della donna non ha avuto un percorso lineare ma bensì a strattoni, probabilmente questo è uno dei motivi per cui la donna non ha raggiunto completamente la sua giusta indipendenza, eppure le conquiste femminili nel corso del tempo sono molteplici, si passa della letteratura alla moda, dello sport all’industria, donne che sono divenute icone di coraggio, stile e intraprendenza che hanno rivoluzionato il ruolo della donna nella società, accompagnando le generazioni verso il cambiamento e ispirando altre donne. Ma tutto questo non è abbastanza, se ci ritroviamo ancora una volta a chiederci come mai esiste questa disparità.
Il passato è pieno di donne che hanno concorso in modo netto a scrivere pagine importanti della storia, ma soprattutto a sbriciolare antiche convinzioni di una società prettamente maschilista, sono tantissime le prime donne , che con le loro prime volte hanno infranto molti stereotipi, tra queste ricordiamo:
Saffo. La prima poetessa della storia, oppure Marie Curie, prima donna a vincere due Nobel, ed essere poi sepolta nel Pantheon di Parigi. Ricordiamo anche Elena Lucrezia Corner Piscopia, prima donna laureata, in filosofia a Padova nel 1678, e avvicinandoci ai tempi moderno e doveroso menzionare Rita Levi Montalcini, che ha scoperto e identificato il fattore di accrescimento della fibra nervosa (NGF), per il quale ha vinto il premio Nobel per la medicina.
In questo articolo volevamo parlarvi di quello che a nostro parere, rimane il primo vero approccio verso l’emancipazione femminile, ed è quello offerto dalla Polis greca Sparta,
Infatti le donne spartane godevano di una serie di diritti che le per le donne appartenenti ad altre culture, in quel periodo storico, non potevano nemmeno immaginare.
Molte di queste, di fatto, avevano il ruolo di capofamiglia in quanto gli uomini erano spesso impegnati in guerre e in addestramenti, sin dall’infanzia ricevevano un’educazione molto severa e austera, veniva loro insegnato a leggere e scrivere e seguivano gli stessi allenamenti maschili perché si dava molta importanza all’aspetto del corpo. L’educazione atletica aveva importanti effetti: rendeva le donne più belle ed era un modo per generare figli sani, importante aspetto per gli uomini di Sparta.
Anche se Inizialmente i giochi Olimpici erano esclusivamente riservati ai concorrenti di sesso maschile, ben presto fu allargato anche alle donne.
Fu la principessa spartana Cynisca, figlia del re Archidamo II a diventare la prima vincitrice delle Olimpiadi vincendo la corsa delle quadrighe, per ben due volte, nel 396 e nel 392 a.C.
La società spartana valorizzava la donna e la poneva sullo stesso piano dell’uomo, anche se manteneva delle differenze nei ruoli, entrambi, erano assoggettati alle ferree regole del servizio allo stato. Sparta, infatti, puntava tutte le sue carte sulle attività militari e aveva necessità che la ristretta oligarchia dominante, gli spartiati, si riproducesse forte e robusta.
Il paradosso della donna spartana nasce quando questa viene paragonata a quella Ateniese, dove nonostante la cultura dell’intera polis si basava sulla democrazia, le donne erano recluse all’interno delle mura domestiche, non potevano partecipare a ai banchetti con i mariti, e tanto meno uscire e passeggiare.
Nella cultura Spartana, l’educazione dei figli non era compito dei genitori: prima aspettava ai servi,poi ad istituzioni esterne. Le bimbe venivano educate in luoghi detti “tiasi” dove imparavano ad essere buone madri e mogli e acquisivano una cultura sicuramente maggiore rispetto alle donne ateniesi. Per questo anche le ragazze erano destinatarie di un’educazione basata sugli stessi valori e sulla stessa concezione del mondo maschile, un’educazione che le rendeva più dominanti che dominate.
La cultura di Sparta era basata su un popolazione di guerrieri forti e coraggiosi, quindi è che le donne avessero un corpo robusto, elastico e ben allenato. La donna spartana era perciò incoraggiata dallo stato a praticare sport (corsa, lotta, lancio del disco e del giavellotto) e a gareggiare. Alla donna spartana era persino consentito unirsi a più uomini (poliandria) per incrementare le nascite: un dato molto significativo per comprendere l’importanza che gli spartani assegnavano alla riproduzione.
L’addestramento atletico della donna aveva poi importanti conseguenze psicologiche: la donna spartana appariva molto fiera e poco disposta a farsi dominare dall’altro sesso. Teneva un comportamento austero e dignitoso anche quando con semplicità e senza alcuna malizia partecipava nuda (come i maschi) a gare sportive e ad alcune cerimonie religiose: una cosa assolutamente impensabile per la donna ateniese.
Ma per la donna spartana, nella sua innocente naturalezza, l’esposizione del corpo si collegava a un ideale atletico. Le sue coetanee di Atene, di Corinto o di Mileto, se tenevano alla loro reputazione, dovevano restare in casa, dedicarsi ai lavori domestici, badare ai figli.
Era quindi inevitabile che la donna spartana godesse di una certa autonomia e indipendenza sconosciute a quella ateniese, come si vede anche dal fatto che poteva disporre dei beni propri.