Qualcosa deve assolutamente cambiare nella gestione degli stadi italiani. È questa la raccomandazione di Brett Knight, all’interno di in un’indagine condotta da Forbes USA sulla situazione finanziaria del calcio italiano. Il giornalista individua proprio negli impianti attuali e nelle difficoltà nella costruzione di nuovi una delle principali cause del distacco tra la Serie A e i maggiori campionati europei. Secondo Knight, persino i club di successo della Serie A faticano nell’attrarre grandi marchi globali tra gli sponsor, anche perché la stragrande maggioranza di essi gioca in stadi che appaiono vecchi, limitando le entrate delle partite dalle concessioni, dalle vendite del merchandising e dalle tribune di prestigio, e dissuadendo così i club dall’aumentare i prezzi dei biglietti oltre i livelli minimi comuni a tutta Europa. I lavori di ammodernamento sono eccessivamente complicati da eseguire in Italia, dove la maggior parte dei club gestisce stadi in affitto di proprietà dei comuni, aspetto che rende un incubo burocratico le proposte per la costruzione di nuovi impianti. Negli ultimi dieci anni, in Italia sono stati costruiti solo tre nuovi stadi, rispetto ai 153 in tutta Europa. Un esempio è portato dal progetto di rinnovo del Franchi voluto da Rocco Commisso. Secondo il patron viola, la procedura per l’approvazione da parte dei comuni implica che la costruzione effettiva richiederà almeno altri cinque anni. “Questo è il momento perfetto, si spera, per i politici italiani per capire che le cose devono cambiare se vogliono avere una Serie A capace di competere al meglio con il calcio inglese, spagnolo e tedesco”, dichiara Commisso a Forbes. Questi aspetti costringono le squadre italiane a dipendere in misura maggiore dalle entrate dei media rispetto ai club delle leghe rivali, ma anche sotto questa voce l’Italia è in ritardo per quanto riguarda i suoi sforzi di monetizzazione.